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Angelo Vecchio
Angelo Vecchio è un giornalista professionista. Negli anni Settanta del secolo scorso inizia l’attività di cronista di “nera”e si laurea in Scienze Politiche nell’università di Palermo. Lavora per quotidiani siciliani, nazionali e agenzie di stampa: Dal suo esordio nel glorioso giornale “L’ORA” ai reportage per “Il Giorno”, passando per il “Giornale Di Sicilia”, “Diario” e “Telecolor”. E’ autore di saggi (soprattutto sul tema della mafia), romanzi, racconti e opere teatrali. Con la casa editrice Mohicani Edizioni ha pubblicato “Il capestro”, “Mafia: una storia per immagini” (con disegni di Mazzerbo) e “I segreti di famiglia”. Altri saggi riguardano le biografie di eroi antimafia, la storia della mafia, l’ascesa dei corleonesi, le biografie di storici pentiti come Calderone o di boss come Liggio e Riina. Di diverso genere il volume su Padre Pio. Per il teatro, invece, si è occupato della storia della cantante folk Rosa Balistreri, ma anche dei misteri dell’uccisione di Giuliano e dell’avvelenamento di Pisciotta nel carcere dell’Ucciardone.
L’avvincente romanzo noir, ambientato a Palermo, narra la storia di una vittima di usura che si trasforma in un personaggio misterioso, in un contesto storico di legami tra mafia e politica. Le avventure, i contrattempi, i ripensamenti, l’amore. Un uomo come tanti, che fa progetti, che sogna. Lui gioca col destino e spesso sottovaluta le insidie. Non tiene conto che ci sono ostacoli difficili da superare. Gli intraprendenti credono di saperne una più degli altri.
Per non dimenticare il flagello del coronavirus, la pandemia che travolse la Terra nel 2020
Chi ha tanti soldi è sempre in movimento, da un punto all’altro della terra, in cerca di qualche cosa. A volte di un’opera d’arte, della quale vuole l’esclusiva, anche se la chiude in una cassaforte e la guarda di tanto in tanto. Il ricco se ne frega se priva il resto del mondo del piacere di poterla contemplare, sia pure per un istante. Figuriamoci quando si tratta di qualcosa che non è in commercio. Il ricco sa come fare per procurarsela, conosce i canali, sa a chi rivolgersi e non bada a spese. Ancora una volta Angelo Vecchio in questo giallo scandaglia le più basse perversioni umane nascoste dietro il perbenismo.
L’ambizione, il denaro, il potere. La freddezza nel commissionare delitti, l’indifferenza davanti alla morte violenta. Sono qualità che mostrano il lato oscuro degli esseri umani. Racchiuso in queste pagine c’è un uomo che, dietro un perbenismo senza veli, umilia la specie.
Due storie ‘siciliane’, singolari e strane eppure ‘storiche’, radicate in un preciso contesto temporale e culturale da cui traggono la loro particolare coloritura e il loro specifico significato, due storie al cui interno l’ambientazione risulta alla fine determinante. Nella prima Nenè Arena, un pescatore del mare africano che si adatta un po’ a tutti i mestieri, possiede uno sguardo magnetico che eccita e soggioga l’eros delle donne con le quali viene a contatto. Un don Giovanni in Sicilia minore di brancatiana memoria che emerge dalle rive del suo mare isolano alle cronache mondiali degli anni sessanta perché nel tempo ha messo su più che un harem una vera e propria tribù. Una storia semplice, si direbbe, eppure dietro si nascondono le storie a volte toccanti di tanti abbandoni, di tante donne sbandate o perdute alle quali Nenè ha offerto una singolare eppur dignitosa forma di convivenza. John Spadaro de La villa dell’inganno è «poco più di un ragazzo quando mette per la prima volta piede in Sicilia». È il 10 luglio del ’43 e John fa parte di un piccolo commando alleato che dovrebbe essere paracadutato alle falde dell’Etna per far esplodere un deposito di munizioni e invece si ritrova proprio al centro dei combattimenti nella piana di Catania. Qui conoscerà il barone di Valguarnera, col quale avrebbe dovuto prendere contatto, e soprattutto le figlie, Mafalda dagli occhi verdi e Giuseppina silenziosa e sensuale. Vecchio riesce a dare a entrambe le ‘storie’ tinte e colori molto materici e, specialmente, nella seconda, una particolare suspence che tiene in sospeso sul filo della trama il lettore fino all’ultima riga.
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