Bebé, nomignolo familiare di Antonio Pizzuto, segna, nella prima parte di questo tenace epistolario (1929-1949) con Salvatore Spinelli, qui ricostruito con esemplare cura da A. Pane, il tempo d’una fedele appartenenza all’amicizia, dalla quale prende consistenza un quadro intellettuale filtrato dalla città di Palermo (quella cara al Pitré e ad O. Lo Valvo) raccolta tra i due devastanti conflitti mondiali. Si mettono anche in luce gli affioramenti, le tensioni preparatorie della loro poetica. Il 1929 è l’anno in cui Pizzuto, allievo non indifferente agli insegnamenti di C. Guastella e sensibile alle lettere (il nonno materno era stato U. A. Amico), definisce l’opera non compresa da G. A. Borgese, Sinfonia. "Occorre guardare questa ’Sinfonia’ con occhio nuovo", scriveva, "perché essa non è sorta dal passato, ma soltanto dopo il passato [...].Ond’è che io non saprei rispondere alle domande «che cosa simboleggia?» se non con un «niente»".
Dal 1948 perviene, invece, il colloquio sui materiali letterari di Salvatore Spinelli (Totò), allievo di E. Donadoni, già pronti a definire l’affresco de Il mondo giovine. Due amici palermitani, laureati in giurisprudenza (Bebé, nel futuro, sarà questore, e Totò amministrativo degli Istituti Ospitalieri di Milano), sostanziati in una (sincretica) duplicità di estetiche: conflagrazione della parola, densità e dilatazione del frammento, introspezione e analisi per Pizzuto; discorso lungo e cromatico, erede degli affreschi ottocenteschi, perennemente mosso dal flusso del tempo e della vita per Spinelli. La fluvialità narrativa di Totò, fortemente contrastante con la pagina pizzutiana, ci restituisce un autore, così come sottolinea Lucio Zinna nel denso saggio introduttivo, che "nel leggere i manoscritti di Pizzuto, si sente disorientato, trova (1948) ’cose grandi e ’cose meno grandi’".
I loro rapporti epistolari dureranno ancora per altri due decenni, ma, come essi stessi ebbero a dichiarare: "Noi siamo due scrittori di opposte tendenze, ma ci vogliamo bene immensamente". Ma si sarebbe potuto affermare che la faccia (tonda e malinconicamente felice) di Pizzuto ben poteva legarsi alla scrittura di Spinelli; e, viceversa, il volto scavato, esistenziale di Totò poteva nervosamente scorrere tra i fili intricati delle ’Bambole’, abitare le stanze d’uno scrittore che vestiva l’abito di poliziotto: "un modo come un altro", dirà egli stesso, "per guadagnarsi da vivere".
Salvatore Spinelli (Palermo, 1892 - Arenzano, 1969), conseguita la laurea in Giurisprudenza, nel 1920 si trasferì a Milano dove fu per quarant’anni dirigente amministrativo dell’Ospedale Maggiore, concludendo la carriera con la carica di Segretario Generale. All’Ospedale Maggiore dedicò un’opera storica (La Ca’ Granda, 1956 e 1958) e gli undici volumi biografici dei Benefattori. Fu anche consulente della Casa Ricordi e tradusse il Mussorgsky di M. G. Calvocoressi (1925). Pubblicò due libri di racconti (L’accordo perfetto, 1928; Musica in famiglia, 1969), due raccolte di aforismi (Antiarte e anticritica, 1947; Lo specchio per la bertuccia, 1954) e il romanzo-saga II mondo giovine (1958).
Antonio Pizzuto (Palermo, 1893 - Roma 1976), cresciuto in una famiglia di tradizioni umanistiche, si laureò in Giurisprudenza e quindi in Filosofia. Nel 1918 intraprese a Palermo la carriera di poliziotto, proseguita (dal 1930) a Roma, con importanti incarichi negli organismi della Polizia Internazionale (lattuale Interpol), e conclusa nel 1949 ad Arezzo, con il grado di Questore. Dopo la pensione si consacrò alla scrittura, imponendosi come uno dei narratori più originali del Novecento. Fra le sue opere ricordiamo: Sul ponte di Avignone (1938 e 1985) Signorina Rosina (1956, 1959 e 1967); Si riparano bambole (I960 e 1973); II triciclo (1962 e 1966); Ravenna (1962); Paginette (1964 e 1972); Sinfonia (1966 e 1974); Testamento (1969); Pagelle I e II (1973 e 1975. Postume sono uscite: Ultime e Penultime (1978); Giunte e Virgole (1996); Cosi (1998) Rapiti e Rapier (1998); Spegnere le caldaie (1999). Recentemente sono apparsi gli epistolari con Giovanni Nencioni (1998), e con Gianfranco e Margaret Contini (2000).