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Eugene Beauharnais Nash
Questo volumetto è particolarmente sapiente e prezioso non solo perché ci presenta cento casi clinici che testimoniano la potenza di un’Omeopatia ben praticata, ma anche perché trae spunto da questi casi (non tutti tratti dall’esperienza quarantennale dell’Autore) per insegnare molte pregevoli note di Metodologia Omeopatica che a nostra volta ci permetteranno di ripetere i successi dei Maestri di Omeopatia. E’ bello vedere come Nash e gli altri Autori sappiano cogliere il simillimum da pochi selezionati sintomi e si sentano così sicuri da somministrare potenze elevate (anche dalla CM alla MM). A titolo di esempio, sottolineo un caso clinico (quello del Medico affetto da tonsillite acuta che viene descritto alla fine del ‘Caso 31’), in cui Nash precisa che Mercurius iodatus flavus 30 ch non aveva dato alcun beneficio, mentre l’effetto fu immediato e definitivo dopo la somministrazione dello stesso rimedio alla CM. La domanda che in quel momento mi posi fu: "Quanti di noi si sarebbero sentiti così sicuri della propria prescrizione da aumentare la potenza fino a valori così elevati? Quanti invece avrebbero concluso che l’Omeopatia non era adatta per curare quel caso e sarebbero passati senza tanti ripensamenti alla terapia antibiotica?". Eppure è proprio questa la vera Omeopatia e mi auguro che anche grazie a questo lavoro di Nash ognuno di noi, incominciando dal sottoscritto, sia stimolato a migliorare la propria professionalità e a capire che, come diceva Kent, "Quelli che dicono di aver provato l’Omeopatia e di averla trovata un fallimento hanno solo messo in luce la propria ignoranza".
Anche se è vero che in questo libro vengono citati e quindi consigliati molti rimedi che spesso vengono definiti "sintomatici", perché scelti in base alla sintomatologia locale, si può dire che non c’è una pagina di questo testo in cui Nash non sottolinei l’importanza di una visione globale dell’individuo. Inoltre, è una grande verità che, se non ci limitiamo all’analisi dei sintomi locali, non è infrequente che il rimedio della patologia acuta sia anche quello per la patologia cronica del paziente. Infatti, sempre più mi rendo conto che non dobbiamo dimenticare anche il tropismo che i rimedi hanno: possiamo prescrivere Drosera per la mania di persecuzione, ma è difficile che un paziente con quel disturbo mentale abbia veramente bisogno di Drosera se non ha mai avuto la caratteristica tosse di Drosera. Penso, cioè, che sia molto poco probabile che un paziente non esprima prima o poi a livello organico (e quindi locale) i sintomi più comuni e salienti del suo rimedio e cioè quei sintomi che due secoli di pratica omeopatica hanno ormai catalogato come caratteristici o peculiari di una certa sostanza. Ecco con quale metodo dobbiamo accostarci allo studio di questo piccolo gioiellino di Nash.
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argomenti trattati in Fondamenti di terapia omeopatica - III Edizione
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