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La storia della pittura tardogotica in Sicilia è stata a lungo segnata da una quasi esclusiva interpretazione in chiave iberica, in cui i riferimenti alla cultura figurativa catalano-aragonese convivevano con gli sparuti segni superstiti delle opere importate dalla Toscana e dalla Liguria lungo il corso del Trecento. Negli ultimi anni questo quadro storiografico si è andato progressivamente allargando ed è stato possibile riconoscere e definire meglio i più diversi prestiti di linguaggio che, accanto al perdurante sostrato di cultura bizantina, ibridarono la maniera locale in sintesi di caratterizzato respiro internazionale. Il Levante spagnolo e la dorsale tirrenica hanno cessato così di essere gli unici due approdi sicuri per circoscrivere la vicenda della pittura tardogotica in Sicilia, apertasi piuttosto a nuove possibilità di attraversamento, in cui la più autentica vocazione “mediterranea” della sua identità culturale ha segnato in trasparenza l’osmosi continua di intrecci, scambi e contaminazioni con le più diverse realtà produttive dell’Europa meridionale. Licia Buttà riannoda le fila di questi “incontri mediterranei” ridisegnando una geografia di contesto europeo per i protagonisti, le opere e le fortune della pittura tardogotica in Sicilia, in cui alla tradizione toscana, dominante in tutta l’area occidentale dell’isola, con a capo Palermo, Sciacca, Agrigento e Trapani, fanno il paio allora, nella Sicilia orientale, i toni di un raffinato gotico internazionale che trova un precedente nelle importazioni adriatiche che interessarono Siracusa e Messina nel Trecento.
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