Antonino Giuffrida ci mostra con questa pregevole e agile pubblicazione una “Tessera del mosaico Palermo”, capitale del Regno di Sicilia, sovrano dal 1130 al 1816, da Ruggero II al Regno delle Due Sicilie.
La tessera del XVI secolo in pieno periodo vicereale; un secolo a Palermo fortemente segnato dagli effetti degli editti del 1492 dei Reali di Spagna contro ebrei e musulmani, che troncarono per secoli i rapporti di Palermo con la realtà mediorientale, mediterranea. Giuffrida illustra con grande efficacia narrativa i tratti salienti di una città con meno di 30000 abitanti e in trasformazione:
a) nuovi grossi dirigenti con “uomini nuovi”, emergenti quali Don Cola Bologna e Giovanni Sollima.
b) La istituzione del primo banco pubblico, la tavola, formalmente riunito il 1.2.1553 sotto la presidenza di don Ottavio Spinola, Pretore della città.
c) Nuove sensibilità culturali con librai, tipografi e rilegatori che introducono il commercio del libro e trovano rappresentazione emblematica alla fine del XVI secolo nella Bottega di Achille Piffari, e che si collegano in qualche misura alla figura di Pietro Agostino, grande “commis” con una nuova ascesa sociale legata ad una accorta politica matrimoniale, ma anche numismatico, collezionista, astrologo.
d) l’effimero delle cerimonie civili e religiose espresso da archi trionfali e scene mitologiche quale conferma e preludio di nuove sensibilità architettoniche;
e) grandi catastrofi con numerosi terremoti ed alluvioni e migliaia di vittime ma anche la bonifica delle paludi del Papireto;
f) rivolte e tensioni sociali frutto “naturale” del percorso di
trasformazione;
g) la indimenticabile, e ancora oggi in dimenticata, storica visita a Palermo, capitale, di Carlo V nel 1535.
Tutto ciò - ricorda il Giuffrida - ha caratterizzato il sorgere e il declino del progetto di Palermo “capitale felicissima”, un progetto alimentato dal grande sviluppo economico dei primi decenni e mortificato dalla crisi economica degli ultimi decenni del XVI secolo.
Cosa resta di quel secolo a Palermo? Tanto certamente... ma in particolare il tentativo di fare di Palermo “capitale” una realtà urbana, una “città” e non soltanto luogo fisico di residenze sfarzose o miserabili, di ricchezze e povertà, fortemente e prevalentemente legata ad una economia agricola e feudale. Vieni alla memoria - ma non è oggetto di questa opera di Giuffrida - la dimensione urbana, di Palermo non più capitale, realizzata alcuni secoli dopo dalla colta ed innovativa borghesia imprenditoriale dell’epoca dei Florio, che ha lasciato una impronta mitteleuropea alla città al di fuori del centro storico, il sacco di Palermo del secondo dopoguerra e l’attuale cammino di rinascita, altre tessere della stessa Palermo. Resta la gratitudine che desidero esprimere per il professor Giuffrida per aver rispolverato una delle tessere del complesso e multicolore “Mosaico Palermo”.