Pasquale Hamel
Alla morte del suo fondatore il regno di Sicilia è un potente soggetto politico nello scacchiere Mediterraneo. Ruggero II, saggio e lucido sovrano, ne ha consolidato le strutture interne venendo a capo del tradizionale ribellismo dei conti normanni. I suoi nemici tradizionali – il Papa, l’Impero d’Occidente, l’Impero bizantino – sono stati costretti a riconoscerne l’esistenza e a venire a patti con lo stesso. Niente avrebbe fatto immaginare che quel miracolo istituzionale, come da qualcuno è stato definito, sarebbe durato appena quarant’anni. Infatti, già con il suo immediato successore, Guglielmo I, i tradizionali problemi di convivenza fra etnie e culture diverse e le ambizioni dei grandi feudatari, aprirono crepe insanabili nell’edificio ruggeriano mentre le ambizioni dei tradizionali nemici, ripresero vigore determinando una lenta ma inarrestabile agonia. La pessima politica di Guglielmo II segnata da ambiziosi progetti che andavano al di là le possibilità del regno, la assenza della necessaria lucidità che ne contraddistinsero scelte ed azioni, indebolì ulteriormente il regno e lo espose alle pretese dei discendenti di Federico Barbarossa. Per queste ragioni, il generoso tentativo di Tancredi d’Altavilla, ultimo vero re normanno, di salvare il regno, non poteva che dimostrarsi velleitario.
L’autore racconta le fasi di questi intensi quarant’anni, soffermandosi, con dovizia di particolari, sulla strutture politiche, amministrative ed economiche della cosiddetta “età dei Guglielmi”, esaminando i contesti internazionali e negando la sostenuta continuità fra il regno fondato da Ruggero e quello conquistato da Enrico VI con il consenso della moglie Costanza.