Rassegna stampa

Una raccolta dei migliori articoli di giornale sulle pubblicazioni della Nuova Ipsa editore di Palermo

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La Repubblica - Palermo del 03 gennaio 2007
Lanza il Principe irrequieto
I 39 anni vissuti pericolosamente ricostruiti da Vincenzo Prestigiacomo  
 
I suoi amici sono Gianni Agnelli, Ranieri di Monaco, Aristotele Onassis, Soraya e lo scià Reza Pahlavi, Vittorio Emanuele Orlando, Galeazzo Ciano, Errol Flynn, Robert Capa, Porfirio Rubirosa, Baby Pignatari, Alì Khan, Renato Guttuso, Giuseppe Tomasi di Lampedusa, i fratelli Piccolo di Calanovella, Luchino Visconti, Curzio Malaparte e, ovviamente, tutta la noblesse sicula. Le sue fidanzate ufficiali Susanna Agnelli, Sofia Ricciardi e Vivi Gioi. Le sue probabili amanti le divine Joan Crawford, Olivia de Havilland, Rita Hayworth, Edda Ciano Mussolini e un’infinità di femme più o meno fatali del jet set internazionale, fino alle nozze con l’attrice Olga Villi. IL suo istruttore di guida Tazio Nuvolari. I suoi "palcoscenici" New York, Londra, Parigi, Roma, Palermo, Cortina d’Ampezzo, Capri, le Eolie e il mare tutto.Raimondo Lanza di Trabia è stato un personaggio davvero unico: nonstante le cupe ombre che hanno offuscato le sue luci, resta uno dei pochi siciliani d’esportazione.
Il principe dell’eccesso, dalla sua unicità genera, come una matrioska cloni di se stesso a getto continuo. Uno diverso dall’altro, a volte antitetici tra di loro: il Raimondo scavezzacollo, il Raimondo delle beffe irresistibilli, il Raimondo delle profonde malinconie. E ancora: il play boy, la spia fascista, il mediatore con i partigiani, l’informatore degli americani, lo sportivo, il corridore automobilistico, il mecenate, il cacciatore, il sognatore, l’imprenditore, l’incosciente che gioca a rialzo con le emozioni sfidando la morte a ogni svoltata d’angolo. Uno e centomila - altro che nessuno - personalità che cozzano dentro la sua testa fino a determinare quel corto circuito che il 30 novembre del 1954 lo spinge a gettarsi dalla finestra dell’albergo Eden di via Ludovisi a Roma.
Di personaggi così magneticamente fascinosi la Sicilia ne genera uno o due al massimo ogni secolo. Nel 1700 il conte di Cagliostro, libertino e amorale, a cavallo tra 1800 e ’900 Ignazio Florio e nel secolo scorso questo rampollo di uno dei casati più blasonati della Sicilia, che del Florio è anche nipote. Ora i suoi 39 anni vissuti pericolosamente sono stati ricostruiti minuziosamente da Vincenzo Prestigiacomono nel libro "Il principe irrequieto - la vita di Raimondo Lanza di Trabia" (edizioni Nuova Ipsa, 188 pagine, 12 euro); quindici anni di appuntamenti inseguiti dall’autore in mezza Europa per raccogliere le testimonianze di chi ha condiviso i sollazzi e le amarezze del nobile palermitano.
"A rendere attraente la Sicilia - scrive Matteo Collura nella prefazione - hanno contribuito più i suoi estrosi e a volte stravaganti principi e baroni, che non le ricorrenti e costose campagne pubblicitarie promosse a scopo turistico". E il principe di trabia è sicuramente in prima fila in questo drappello di siciliani di cui all’estero si favoleggia.
Raimondo - come accade a Woody Allen ne "la rosa purpurea del Cairo"- sembra uscito fuori dal film "il capitan Blood" di Michael Curtiz per tracimare la sua voglia picaresca di vivere nella contemporaneità. E proprio il protagonista del film l’attore Errol Flynn diventa il suo amico e alter ego. Ne imita perfino la fisionomia con i baffetti e i capelli all’indietro impomatati con la rillantina. La coppia in perfetta simbiosi trasferisce nei locali di Los Angeles e nelle spiagge siciliane la fame assatanata di avventura che l’accende. Flynn viene diverse volte in Sicilia, ospitato nella principesca dimora di trabia, come del resto Onassis (quest’ultimo resta stupito nell’ammirare un portacenere ricavato da un osso di pescespada ucciso con il pugnale da Raimondo quando era poco più che un ragazzo). L’arrivo dei vip scuote il torpore del blasonato tran tran. Baroni e marchesine vengono trascinate in un turbillon di feste, mangiate e bevite. Pasta con i broccoli e champagne, altr che il Billionaire ricettacolo di parvenue. Sono rimaste nella memoria di chi c’era le furiose cavalcate nel Canale con lo yacht e poi il ping pong di approdo, sempre in compagnia di Flynn, tra Vulcano e Stromboli per seminare zizzania nelle troupe nemiche che in contemoranea nelle Eolie girano due film che delle isole citate prendono il titolo. I registi Roberto Rossellini e William Dieterle prima ci cascano e poi capiscono di essere al centro dell’ennessimo scherzo del principe di Trabia e delle beffe.
Raimondo (come quel Flynn del resto, che Marlene Dietrich definisce "Angelo di Satana"), non recita la parte ma è davvero capitano dell’avventura. Fino alle esteme conseguenze. Come quando dopo un ennesimo tiro mancino è costretto a battersi a duello.
L’episodio merita uno zoom. Lanza stanco di fare il presidente del Palermo - a proposito è stato lui a inventare il carciomercato all’hotel Gallia di Milano, dove riceve allenatori e dirigenti immerso in una vasca da bagna satura di Sali e profumi - decide di passare la mano e per impedire l’accesso nel consiglio di amministrazione del barone Salvatore Alù lo fanno allontanare dicendogli che il figlio ha avuot un grave incidente. L’uomo scappa via, a casa vede il figlio in perfetta salute e torna stracolmo di bile nella sede del palermo. Furioso lancia il suo guanto di sfida. Fissata la data Raimondo fa un corso intensivo di spada sul terrazzo del suo castello con il campione olimpionico Emilio Salafia; non si faceva mancare proprio niente. Direttore del duello è il cavaliere Nino Buttafuoco, che avrebbe poi fatto parlare di sé nella vicenda della scomparsa del giornalista Mauro De Mauro. La sfida, che finisce in modo incruento per il tempestivo intervento di un prelato, ha vasta eco. Perfino Walter Molino la immortala in una delle sue celebri copertine de "La Domenica del Corriere".
Raimondo nato per stupire è una forza della natura che travolge cià che incontra. Eccessivo in tutto, sembra un apostolo tardino dello sturm und drang, romanticismo estremo. Il lato tragico e quello comico del destino umano in lui trovano una simbiosi perfetta. La vita comincia presto a fargli pagare carissimo tutto, fin dalla nascita, quando figlio illegittimo di Giuseppe Lanza non riesce a ottenere il cognome paterno nonostante le pressioni su Mussolini e la sodale nomenclatura del regime. Poi la morte prematura del padre e di due zii. Il riconoscimento tardivo di un altro zio e infinelo svezzamento nella Palermo ancora felicissima della nonna Giulia Florio, sorella di Ignazio, e del nonno Pietro, nobiluomo di corte.
Dopo l’esuberante giovinezza - sgusciante con coraggio incosciente tra i tonni nella camera della morte della tonnara di famiglia a Trabia o beffarda nei confronti di amici e parenti vittime di beffe a raffica - gli ani bui della guerra di spagna in cui combatte con le falanfi franchiste e i rapposrti ambigui con i nazisti tedeschi. Pagine amare che testimoniano il primato dell’avventura su ogni altro valore etico e morale. Grazie ai suoi contatti riesce però a salvare la vita allo zio Vincenzo Florio arresstato dalle SS a Roma. Poi, la svolta come è capitato a tanti italiani folgorati sulla via di Washington, così ce lo ritroviamo informatore degli americani e mediatore in una consegna di armi dai fascisti ai partigiani. Ricordiamo che è proprio il fratello maggiore Galvano - lui, Raimondo e Gianni Agnelli venivano definiti i tre moschettieri del jet set - a fare da interprete con gli americani nell’armistizio firmato a Cassiile il 3 settembre.
Memorabili i suoi scherzi. Come quando dodicenne con le ali da angelo esce da un immenso uovo di pasqua Dagnino e fa ridere a crepapelle la nonna Giulia. Si dice che sia stata l’unica volta che abbiano visto la nobildonna ridere in pubblico. O come quando fa vestire al suo amico Gaetano Pottino i panni di Guglielmo II, disegnandogli anche i caratteristici baffetti dell’imperatore per fare una sorpresa alla bisnonna Sofia che vanta spesso e volentieri questa amicizia. La donna semicieca abbocca e gli amichetti di Raimondo assistono alla surreale scena dello storico incontro. L’imbroglio viene scoperto quando l’anziana donna vuole a tutti i costi ricambiare la visita andando a trovare l’imperatore che crede nello yacht ancorato al porto. Per il giovane scavezzacollo sono dolori.
Una vita accelerata che finisce tragicamente quando il principe, da tempo vittima di furiose crisi di nervi, dopo una visita neurologica a Roma, prende consapevolezza che la vita come la intende lui è sfuggita di mano. Già da tempo soffre terribilmente e solo davanti alla moglie dalla quale vive lontano proprio per nasconderle la sua condizione - riesce a controllare i suoi nervi. Quel tragico giorno a Roma (che una chiromante ha previsto, insieme anche alla prematura drammatica fine dell’amico Stefano La Motta) muore l’uomo ma sopravvive il mito. E come per tutti i miti la fantasia si impasta con la realtà. Così si alimenta la leggenda del giocatore Selmonsson, detto "raggio di luna", lasciato in eredità alla moglie Olga Villi e alle due figlie Venturella e Raimonda, vicenda a cui avrebbero attinto Garineri e Giovannini per la loro commedia "Raggio di luna"; la favola che Domenico Modugno si sia ispirato al principe per scrivere la sua canzone più bella "l’uomo in frac". Sono centinaia invece gli episodi mirabolanti verificati e raccontati da Prestigiacomo e "certificati" da personaggi del calibro di Gianni Agnelli. E scusate se è poco.
Tano Gullo