Giovanni Monti
Un giovane archeologo, Guglielmo T., nel ristrutturare una vecchia villa di Sferra, vicino Palermo, scopre nel cassetto di un vecchio tavolino un anonimo quaderno manoscritto, un diario intimo. La data di chiusura è la Pasqua del 1966, quarant’anni prima, e vi si parla di un incesto.
È l’inizio di una ricerca densa di riflessioni ma piena anche di supense che porterà alla scoperta di una terribile ma insieme imprevedibile verità. A scandirne in prima persona i momenti e le pause sono il narratore Monti e infine l’autore stesso del diario riportato in appendice.
Sullo sfondo, in un’altra villa solitaria e distante dalla prima, a Ficarazzi, Rosalia T., madre di Guglielmo, figura tanto amata dall’unico figlio quanto silenziosa ed enigmatica nel suo essere ‘sempre innamorata di qualcosa’. Non sarà però il ‘professore’ Monti a spiegare il senso del diario ma un neuropsichiatra, Dante Costamagna, che riuscirà a dare significato a quella scrittura simbolica.
Monti costruisce una narrazione che tiene sempre desta l’attenzione del lettore conducendolo attraverso un percorso narrativo avvincente e allo stesso tempo ricco di stazioni meditative, di approfondimenti ma anche, soprattutto nella prima parte, di microstorie singolari e appassionanti.
Il campo privilegiato è quello dell’inconscio e della follia, cui si affiancano i temi assai complessi ma prossimi del senso della vita e soprattutto del dolore che costituisce il terreno di coltura dei temperamenti lirici e quindi della poesia. E lirico è nella sua sostanza il linguaggio, tutto connotativo e simbolico, che struttura le pagine del diario intimo.
Una prosa lirica che ha andamenti ritmici e sonori di notevole musicalità ma soprattutto profondità di temperamento e di visione che a volte riprende e si accosta ai grandi classici, da Shakesperare a Valery, lasciando il lettore fino all’ultima riga nella struggente atmosfera di una condizione contraddittoria che è certamente singolare e fuori dal normale e, nonostante ciò, umana, troppo umana.