Rassegna stampa

Una raccolta dei migliori articoli di giornale sulle pubblicazioni della Nuova Ipsa editore di Palermo

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La Repubblica - Palermo del 07 aprile 2011
Il Principe della Dolce Vita
Esce la nuova edizione della biografia di Raimondo Lanza di Trabia, a cui Modugno dedicò  
 
Ecco la vera storia del­l’uomo che ispirò "Vec­chio frack” la canzone di Domenico Modugno conside­rata da molti la più bella del suo repertorio. Una ballata strug­gente che racconta le ultime ore di un personaggio misterio­so (S’avvicina lentamente / con incedere elegante / ha l’aspetto trasognato / malinconico ed as­sente / Non si sa da dove vieni né dove va). Una cartolina da "Bel­le Epoque" (Ha un cilindro per cappello! due diamanti per ge­melli / un bastone di cristallo / la gardenia nell’occhiello). Nel buio sembra di udire il tonfo, il tuffo, il muto salto suicida che sarà scoperto solo all’alba (Sul fiume silenzioso / e nella luce bianca / galleggiando se ne va un cilindro, un fiore, un frack).
Scritta e incisa nel ’55, pochi mesi dopo il suicidio di Rai­mondo Lanza di Trabia, la can­zone scalò le classifiche solo nel ’59, dopo "Nel blu dipinto di blu". Fu un successo clamoro­so non soltanto in Italia, ma an­che in Giappone, in Sud Ameri­ca, in Spagna, in Grecia e so­prattutto in Francia, dove valse a Modugno la consacrazione all’Olympia. Sulla prima inci­sione si era abbattuto il maglio della censura, che aborriva ogni accenno a rapporti fisici, e il verso «un attimo d’amore che mai più ritornerà» diventò un più casto «abito da sposa primo ed ultimo suo amor».
 
Modugno raccontò di essersi ispirato alla triste storia del principe Lanza di Trabia, «uomo di fascino assoluto che nella vita aveva avuto tutto, anche l’a­more di una delle donne più belle ed eleganti dell’epoca, Olga Villi. Non riu­scivo a capire perché quel nobile avesse scelto di uccidersi così, senza una spie­gazione. Lo interpretai come il segno struggente della fine di un’epoca».
A far rivivere un personaggio decisa­mente fuori scala, un dandy dalla vita piena di luci ma anche di ombre, ecco la nuova edizione della biografia "Il prin­cipe irrequieto. La vita di Raimondo Lanza di Trabia" (Nuova Ipsa Editore, pagine 183), che si presenta oggi a Ro­ma. L’autore, il giornalista e storico Vin­cenzo Prestigiacomo, siciliano, ha im­piegato quindici anni per raccogliere testimonianze inedite di primissima mano e restituirci il ritratto di un uomo fortunato quanto discutibile.
Discendente, ma non legittimo, di Federico Barbarossa, amico di re e pre­sidenti, fragile e insieme sprezzante, af­fascinò Edda Ciano e ancora di più Galeazzo, diventò compagno di bagordi di Errol Flynn, si fidanzò con Suni Agnelli ma fu anche l’amante di Rita Hayworth, andò a caccia di tigri con lo scià di Per­sia, fece scuola guida con Tazio Nuvolari, ebbe lungamente ospite nella sua reggia-castello alle porte di Palermo Aristotele Onassis, e via elencando tut­to il gotha e il jet set mondiale.
Come si diceva a quei tempi era un vi­veur, un playboy, ma soprattutto un uo­mo dalle molte facce, spregiudicato e, se voleva, arrogante: fu spia fascista du­rante la guerra in Spagna, il che non gli impedì poi di diventare amico fraterno di Antonello Trombadori essendo pas­sato con un elegante salto mortale dal­la parte giusta, informatore degli ame­ricani e mediatore con i partigiani. Pre­sidente del Palermo, inventò il calcio-mercato al Gallia di Milano, collezionò le donne più belle del suo tempo ma an­che vasi da notte del Cinquecento, or­ganizzò burle che finivano al commis­sariato. Sembrava eccitarsi solo davan­ti al rischio: un mix di vitalità irrefrena­bile e di cupio dissolvi. Ebbe tutto, ebbe troppo fino al punto, personalità bipo­lare, di cadere in depressione e, a 39 an­ni vissuti pericolosamente, scegliere di ammazzarsi. Era l’alba del 30 novem­bre ’54 quando, completamente nudo, spiccò un salto dalla finestra della sua suite all’Hotel Eden di Roma. La notizia si sparse velocemente: i primi ad accor­rere furono gli amici di sempre, Gianni Agnelli, Giannino Marzotto, Rudi Cre­spi, il cugino Giuseppe Tomasi di Lampedusa, Antonello Trombadori, Alber­to Moravia, Curzio Malaparte, Edda Ciano.
«Questa storia del frack è di pura fan­tasia - osserva Vincenzo Prestigiacomo - Ho la certezza che Raimondo Lanza di Trabia non ne ha mai indossato uno. Era un vero anticonformista: si presen­tava ai ricevimenti di Ranieri di Mona­co in tuta da pilota e alle nozze di Gianni Agnelli, dove tutti erano in tight, andò vestito in modo qualunque».
Licenza poetica di Modugno, dun­que, ad accrescere fama e mistero at­torno a un personaggio che sembra il protagonista di un film sul successo dell’eccesso. Fu proprio nel mondo dello spettacolo che Lanza di Trabia affondò le sue radici: il cinema lo affascinò sin da ragazzo. Bello, ricco, ardito, non perde­va tempo ad essere fedele. Conquistò ViviGioi, la "Bionda sottochiave" dei te­lefoni bianchi, ma anche Hedy Lamarr, e le due sorelle Olivia de Havilland, la dolce Melania di "Via col vento", e Joan Fontaine. E poi Joan Crawford e Rita Hayworth. Quanto a Olga Villi, l’elegan­te sciantosa di "Yvonne la Nuit", la spo­sò e la rese madre di due figlie, padrino di battesimo Gianni Agnelli.
Passa da un ballo a una caccia, pren­de l’aperitivo con Porfirio Rubirosa e con Baby Pignatari, pranza da Luchino Visconti, alza il telefono e fa due chiacchiere con Peron, va in barca con l’Aga Khan e a passeggio con Robert Capa. Sverna a Los Angeles e a primavera tor­na in Sicilia portandosi dietro il suo amico Errol Flynn, di cui è quasi l’alter ego: si assomigliano e si pettinano e portano i baffi nell’identica maniera. Ogni sera fanno il giro delle taverne di Palermo: il Regaleali scorre a fiumi, ad annaffiare gli spaghetti con le melanza­ne e il pesce spada.
Il principe è amico anche di Anna Magnani. Quando Rossellini, che l’ha abbandonata per Ingrid Bergman, nel ’49 gira "Stromboli. Terra di Dio", la Magnani è nell’isola accanto a recitare in "Vulcano", il film concorrente. Lanza di Trabia, che ha molto tempo libero, si di­verte a fare la spola fra i due set e le due isole Eolie, guidando personalmente il suo motoscafo anche col mare grosso solo per mettere ulteriore zizzania fra i due registi, fra le due produzioni, fra le due attrici-rivali.
Nato per stupire. Meglio di tutti lo ha descritto Susanna Agnelli, la sposa mancata, in "Vestivamo alla marinara". Sembra di vederlo: «Quando entrava in una stanza era come un fulmine. Tutti smettevano di parlare o di fare quello che stavano facendo. Gridava, rideva, baciava tutti, scherzava. Divorava il ci­bo come una macchina per tritare rifiu­ti, beveva come un giardino assetato in un deserto, suonava il pianoforte, telefonava e mi teneva la mano, tutto contemporaneamente».
 
 
Dal volume emerge Fattività dell’aristocratico nel controspionaggio americano e il ruolo del bandito
 
LA LETTERA DEL’43: "GIULIANO È MAFIOSO"?
 
Non solo viveur, ma anche agente del controspionag­gio americano. La nuova edizione del libro su Raimondo Lanza diTrabia, scritto da Vincen­zo Prestigiacomo, contiene an­che un documento che testimo­nia l’affiliazione di Salvatore Giu­liano alla mafia e il suo ruolo nello sbarco in Sicilia degli anglo-ame­ricani. Si tratta di una lettera scrit­ta nell’ottobre del ’43 da un amico del principe, il misterioso "Vento di sera", dietro il quale dovrebbe celarsi Stefano La Motta: «Gli Al­leati nell’operazione Husky han­no coinvolto personaggi mafiosi come Salvatore Giuliano - si leg­ge nella lettera. Questa notizia riservata l’ho appresa da Robert Capa: così lo sbarco degli Alleati è stato un gioco». Una tesi che non convince Mario J. Cereghino, au­tore con Giuseppe Casarrubeadel libro "Luparanera" sui misteri degli anni Quaranta: «Che Giuliano fosse in qualche modo affiliato è noto, ma non poteva essere un mafioso di spicco, tanto da lavo­rare allo sbarco alleato».
 
di Laura Laurenzi