Giuro di dire la verità! di Gina D'Angelo
Gina D'Angelo

Giuro di dire la verità!

ISBN: 978-88-7676-109-6
Edizione 2001, 48 PAGINE

Editore: Nuova Ipsa Editore
Collana: Colapesce

SAGGI


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Descrizione
Un fatto di sangue, atroce, inatteso — registrato dopo il secondo conflitto mondiale, tra il 17 e il 24 gennaio del 1946 — sconvolge l’aria rarefatta d’un raccolto paesino posto a ridosso dei bastioni madoniti.
È quella stessa aria che risente (come forse accade in tutti i luoghi del mondo) dei flussi del bene e del male: un’atmosfera già impregnata (poco più d’un decennio prima) dalla pre­senza di Crowley nel suo ’maleficio’ cefaludese e dal­l’esemplare vivido misticismo di Angelina Lanza, irrag­giato, per l’incantevole Gibilmanna, dalla sua Casa sulla montagna. Gli aspri speroni di Pizzo Dìpilo, i querceti rigogliosi d’anni e d’umori, le chiese del Quattrocento ricoperte da fragili intonaci e licheni, le tombe trecen­tesche della nobile famiglia Ventimiglia, su su fino al pianoro delle Fate, vengono attraversati dallo sbigotti­mento per il sequestro e l’omicidio di un bambino.
L’esame autoptico mostra impietosamente il suo corpicino raccolto in un sacco: esibisce una ferita lacero-contusa sulla regione temporale destra e una frattura del femore sinistro. La piccola innocente vittima affio­ra come macabro fagotto dalle acque basse del torrente, appena coperto dai silenzi boschivi e dal frullare d’ali dei rapaci, dove il disprezzo omicida l’aveva spinto dall’alto di un costone pietroso. In mano stringe ancora una bacchettina: agile ed essenziale legnetto (il cui de­stino era quello di essere colpito da un robusto basto­ne) in uso tra i giochi semplici praticati dai figli delle famiglie povere del tempo. Mazza e piusu (gioco regi­strato dalla passione demopsicologia del Pitré) fu, ap­punto, l’estremo trastullo da cui venne strappato il po­vero bimbo, trasformato, da una balorda quanto orrida ’Banda 64’, in strumento d’ignobile ricatto. Viene fatta richiesta, pena la morte, della somma di 200.000 lire; la stessa cifra che sarebbe dovuta servire all’acquisto d’una quota societaria per il molino S. Giacomo.
Affio­ra in questa cronaca minimale (’Giuro di dire la verità!’), espunta da sentenze e ricordi e raccontata con veemen­te pudore da Gina D’Angelo, il corpo intatto dell’innocenza aggredita, imposto quale metafora di violenza agente nella società contemporanea.
Una necessità emerge da questo umano libretto, proprio lungo la sua ricognizione resa necessaria dall’urgenza della memo­ria dolorosa: quella di ricostruire il volto categoriale della Verità, che dovrebbe riconoscere, più che nella ragione, nel cuore, il suo primo motore.

Un impatto immediato, solare con il ’vero’ può essere, dunque, raccolto dalla stessa sinistra lucentezza degli eventi de­littuosi, nei momento in cui essa si raggela nel grido intimo e straziato del dolore collettivo. Ogni architet­tura della ragione saprà sconfiggerlo con lo stesso cie­co furore da cui si è generato, incuneandosi, così, nella densa coltre della miseria morale, per porsi oltre, come voleva Yourcenar, da ogni algido e sconfortante inverno dei sentimenti.

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